Storia

 

Sulla sponda sinistra del torrente Petriano, subaffluente de Marepotamo tramite l’Anello, in una conca lussureggiante di annosi olivi sorge l’abitato di dasà. La traduzione dal Greco è luogo boscoso. E in questa lingua, che nella Calabria si parlò fino alla seconda metà del’500, gli abitanti dei dintorni indicavano le poche misere casupole che costituirono il primo nucleo di quello che oggi è Dasà.Più per affinità di condizioni con altri agglomerati umani, che per documentazione accertata, alcuni studiosi sostengono che il paese sorge nel XII secolo attorno al Monastero di S.Lorenzo dei Padri Basiliani, e che fu uno dei dieci casali di Arena. L’affermazione si rivela quantomeno azzardata già da un primo esame della situazione topografica della zona. Infatti l’abitato ed il monastero, tra loro distanti circa 240 metri, erano separati dal sopra citato torrente Petriano, e l’impetuoso corso d’acqua costituiva una barriera che specie nella stagione inclemente era difficilmente superabile. L’istituzione religiosa intorno alla quale si formò e si sviluppò il primo agglomerato di abitazioni che col tempo divenne l’attuale Dasà è con molta probabilità un’altra. Si può razionalmente proporre l’ipotesi della Chiesa dedicata a Santa Maria di Iannello, che sorgeva dove ora è la periferia sud del paese nella località tuttora chiamata Iannello, della quale si ha un riferimento in un istrumento del 20 settembre 1527. Non sarebbe priva di fondamento la congettura che, probabilmente verso la metà del’400, il paese sia stao trasferito dalla zona intorno alla scomparsa chiesa di Santa Maria del Piano meglio conosciuta col titolo dell’Annunziata. Il timore o la minaccia che prima o poi l’alluvione del vicino torrente Petriano avrebbe potuto travolgere con le misere case di fango anche gli occupanti, questi sarebbero stati indotti a spostarsi al sicuro non molto lontano verso l’interno. Nel corso dei secoli La storia di un piccolo abitato difficilmente può registrare avvenimenti di rilievo. Il paese seguì le sorti dello Stato d’Arena, infeudato sul finire dell’undicesimo secolo ai Conclubert e passato nel 1694 ai Caracciolo, del quale fece parte fino all’eversione della feudalità. Non è possibile seguire lo sviluppo demografico perché le numerazioni dei fuochi, come si chiamavano i censimenti fino a tutto diciassettesimo secolo, riportavano globalmente le famiglie dell’intero “Stato d’Arena” e non quelle dei singoli luoghi abitati. Nel frammento superstite di un manoscritto noto col titolo Inventario della terra de Mayeda contenente un’inchiesta agrario-fiscale datata al 1466, ordinata dal re Ferrante I d’Aragona per punire i feudatari che gli erano stati infedeli nella vittoriosa guerra contro gli angioni, si rinviene il nome Dasà scritto anche Asa e Dasa. Ed è questa la presentazione del casale alla storia documentata. La comunità possedeva una sua organizzazione religiosa già nel 1527, anno in cui esisteva la chiesa parrocchiale sotto il titolo San Nicola vescovo. Il primo parroco del quale si conosce il nome è Giovanni de Gurghermaso, che guidava la parrocchia nel 1537. Il magnifico Pietro de Amello, su suolo lateranense, nel 1533 fondò la chiesa di San Giovanni Battista. Venti anni dopo, di questa presero possesso gli Agostiniani dell’annesso convento sotto il titolo Santa Maria della Pietà. Nella seconda metà del500 il paese è citato dal francicano p. Gabriele Barrio con uan lapidari descrizione: quasi selvoso perché circondato da boschi d’ulivi, produce ottimo vino, ed è bagnata da un torrente dello stesso nome. Sopra un basamento granitico troncopiramidale costruito nel 1782 quale Balluardo seu Palastro a sostegno della chiesa matrice, opera degli scalpellini mastro Nicola e mastro Pasquale Sanso di Ciano che impiegarono 34,5 giornate per la lavorazione dei conchi irregolari, è posto il più antico monumento del paese. E’ chiamata La croce di pietra, ed è costituita da una stele tronco piramidale recante alla sommità una croce trilobata anche questa di granito. Sulla faccia anteriore della stele sono incise la data del 1583 e le lettere DRS PDS delle quali qualcuna stentatamente leggibile a causa dell’erosione. Non è facile stabilire cosa possa rappresentare, ma certamente nell’anno 1583 si verificò un avvenimento di vasta risonanza religiosa nella comunità di Dasà. Infatti, nel quinquennio seguente furono fondate due confraternite laicali che in questi ultimi anni stanno vivendo una rifioritura dell’antica spiritualità. Ne dicembre 1803 alla popolazione si aggiunsero le ultime tredici famiglie che, insicure della propria esistenza, abbandonarono l’abitato di Pronìa portando con se la statua lignea del protettore San Michele Arcangelo. L’anno dopo si eraa ottenuto l’assenso reale per l’erezione di un’altra parrocchia nella chiesa della Consolazione ma per il parere negativo del vescovo di Mileto, mons. Enrico Capace Minutolo, tutto rimase come prima. L’ unione delle due comunità fece cambiare alla parrocchia il titolo nell’attuale San Nicola e San Michele. Negli anno dal 1824 al 1830 si ebbe una lotta senza esclusione di ogni genere d’offese e d’ingiurie tra Dasà ed Arena per l’attribuzione del capoluogo di mandamento. La candidatura di Dasà era sostenuta anche da Acquaro e da Dinami, che non potevano essere soddisfatti di doversi recare in un centro periferico che specie d’inverno era praticamente irraggiungibile. Sembrava che Dasà l’avesse spuntata, quando all’ultimo momento intervenne la prudenza e consigliò di lasciar tutto come era prima. L’interesse per il teatro è noto due secoli addietro. Nel mese di maggio del 1774 alcuni giovanotti e figlioli di Dasà stavano dando inizio alla rappresentazione di un’opera sacra, quando intervenne il governatore di giustizia dello “Stato d’Arena” e la sospese perché non era stata richiesta la di lui autorizzazione. La recita potè avvenire qualche giorno dopo, una volta adempiute le formalità sancite dalle leggi vigenti. Una compagnia teatrale ambulante aveva preso stanza in Dasà nel 1805. La sera del 18 dicembre il magnifico Antonio Monti, che certamente era il capocomico, uccise la moglie Lucrezia Milesi. Per la musica i documenti risalgono al 1803. Quell’anno due giovani operai, un sarto e un calzolaio, si trasferirono a Palmi per apprendere la professione di clarinetti e trombe di caccia. Nel primo decennio dell’Ottocento in Dasà era in funzione una scuola di Filosofia e Scienze Matematiche e Fisiche, della quale era maestro il dr. fis. Giuseppe Olivieri che percepiva uno stipendio di 8,00 ducati. Per la devoluzione dei fondi alla costruzione di sei orfanotrofi nella Provincia, la scuola fu chiusa nel 1810 e non si parlò più di riapertura. Oltre all’agricoltura e alla pastorizia, la popolazione fu sempre dedita all’allevamento del baco da seta. Si rileva dai testamenti che il tilaro per tessere era impiantato e funzionante in molte case. La concia delle pelli, della quale rimane alla periferia del paese il toponimo i cucinara, è documentata già nell’anno 1587. La produzione dei laterizi era una delle maggiori fonti di lavoro. Si producevano nelle località ricche di argilla, ed una di queste è ancora chiamata “la calcara”. Resti di vecchie fornaci si rinvengono nei dintorni del paese durante scavi per nuove costruzioni. I boschi intorno a Dasà fornivano legname anche a paesi lontani ( Francica, Mileto Monteleone) dove si trasportava a mezzo di parecchia di buoi. I mercanti monteleonesi si rivolgevano ad intermediari del luogo per l’acquisto di olio di oliva. Si ebbero strascici giudiziari per le giare rottesi a causa del terremoto del 1783, nelle quali era contenuto l’olio che i committenti non avevano potuto o voluto ritirare. La testimonianza di quattro anziani mastri paesani del 26 giugno 1764 informa che da oltre non funzionava l’ artificio della valchiera, seu battendiero d’arbascio, seu panno di lana. Nessuno fu in grado d’azionarla dopo la morte di mastro Giuseppe Zaffino di Serra. La valchiera doveva essere costruita nella zona ancora oggi chiamata la filanda, prossima a i cucinara, in quella che era la zona industriale del passato. Potrebbe essere quella che esisteva nel 1582. Il terremoto del 5 novembre 1659 provocò danni alla chiesa matrice ed a quella di San Giovanni e di Santa Maria del Piano o l’Annunziata. Si verificarono il crollo venti abitazioni, danni ad un trappeto ed alla valchiera, e la morte di un ragazzo. Nulla si conosce delle scosse del 1691. Che probabilmente provocarono soltanto panico, mentre è documentato che il 6 dicembre 1743 si lamentarono distruzioni e lutti. Si registrarono alcuni morti per fame a causa della grande carestia che nel 1764 afflisse tutto il Regno di Napoli, specialmente tra la fine di maggio e la prima decade di giugno. Per il terribile flagello del 5 e 7 febbraio 1783, oltrte ai danni materiali stimati in 150.000 ducati, la popolazione di Dasà pianse la perdita di 50 vite su poco più di un migliaio d’abitanti. Otto anni dopo, nella tarda serata del 12 ottobre 1791, un terremoto le cui scosse seguivano a calca piedi provocò crolli e panico ma non vittime. Si ricorda ancora la piena del 1855, alluvione che nel mese di novembre travolse molte case specie quelle alla periferia del paese più esposte alle impetuose onde del rigonfiato torrente Petriano. Nella prima pagina del “ Giornale del Regno delle due sicilie” n° 268 dell’11/12/1855 fu riportata la notizia della tragedia. I segni dei terremoti del 1905 e 1908 erano visibili nelle misere baracche di tavole fino al 1952, anno della costruzione delle case popolari. Il nome della propria terra fu illustrato dal vicario generale Lelio Lupari ( prima metà del’600), dal padre Gennaro Mattei ( 1657-1725), dei Minimi, vescovo di Nicotera, dal canonico penitenziere Tommaso Scaramuzzino ( 1695? - 1769), dal notaio-poeta Piergiovanni Salimbeni ( 1721-1792), e dai fratelli avvocato-filosofo Pasquale ( 1770-1830) e medico-filosofo Nicola ( 1858) Calcaterra del barone dr. Vincenzo. Negli ultimi trenta anni l’emigrazione provocò un progressivo spopolamento del paese. Gli abitanti, che erano 1.140 nel 1797, salirono a 1.359 nel 1815 ed a 1.503 nel 1822 e raggiunsero con i 1.328 nel 1827 ed i 1.647 del 1861 il minimo ed il massimo dell’800. L’anno 1901 la popolazione contava 1.844 abitanti, che nel 1961 hanno conosciuto con 2.453 il massimo assoluto, nel 1983 era ridotta a 1.601, e nel 2010 è scesa al minimo assoluto con 1.308 soltanto. Deduzione dal disegno Poerio sulla data di nascita del paese di Dasà Nel disegno del Poerio in basso si possono vedere i confini dello Stato di Arena nell'anno 1450. Nei confini dello Stato, che si estendeva da Stilo fino a Mileto, è compreso fra gli altri comuni anche il paese di Dasà e ciò starebbe a dimostrare, se non è una svista dell'autore, l'esistenza di un qualche documento, letto dal Poerio, che riporta il nome del paese di Dasà in data antecedente al 5 luglio 1466.

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